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Farina di grillo: perché non è né utile né sostenibile
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Non è la prima volta che l’Unione Europea autorizza gli insetti per uso alimentare, inserendoli tra i novel food da lanciare sul mercato degli Stati Membri. Già nel mese di luglio dello scorso anno, era stata ammessa la larva della farina (Tenebrio molitor), mentre a novembre veniva autorizzato il consumo alimentare della locusta migratoria. Con l’inizio di questo nuovo anno, altra novità: la polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus (grillo domestico)&bnsp;dovrebbe essere inserita nell'elenco dei nuovi alimenti istituito dal regolamento di esecuzione (UE) 2017/2470. L’Acheta domesticus diventa così il terzo insetto che i cittadini europei potrebbero trovare in futuro come ingrediente di vari prodotti di consumo quotidiano.
Al momento è ammesso l'uso della farina di grilli di una sola azienda, vietnamita. Potrà essere usata in una varietà di alimenti, tra cui pane, pasta, biscotti, minestre, prodotti a base di legumi, cereali e verdura, snack. Tutto da vedere se avrà una reale diffusione, dato che dai sondaggi pare che questo ingrediente non sia accolto molto bene dagli italiani. Se dovesse essere effettivamente utilizzato, i consumatori ne saranno ben avvisati in etichetta del prodotto, perché sarà obbligatorio indicarlo tra gli ingredienti e dovrà essere segnalato come allergene.
Ma vediamo in cosa consiste questa ‘farina di grillo’. Il nuovo alimento è sostanzialmente costituito dalla polvere parzialmente sgrassata&bnsp;ottenuta da Acheta domesticus intero mediante una serie di fasi, che prevedono un periodo di digiuno di 24 ore&bnsp;degli insetti per consentire lo svuotamento intestinale, l'uccisione degli insetti mediante congelamento, il lavaggio, il trattamento termico, l'essiccazione, l'estrazione dell’olio (estrusione meccanica) e la macinazione. Un trattamento complesso che lo fa rientrare nella poco desiderabile categoria dei cibi "ultraprocessati".
I dati nutrizionali, forniti dal produttore, riportano che la polvere conterrebbe il 74-78% di proteine. Conosciamo gli effetti delle proteine animali nell’alimentazione umana, il cui eccesso già sappiamo essere dannoso per la salute; per quelle provenienti da insetti, non è noto l’effetto sulla salute, se non il rischio di allergia.
Ricavare una farina proteica da un qualunque cibo è possibile una volta tolta l’acqua e gli altri macronutrienti (es. seitan, isolato proteico di soia); non è chiaro dunque dove stia l’innovazione e il conseguente inserimento nella lista dei ‘novel food’.
Afferma la dottoressa Luciana Baroni, presidente di Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana - SSNV: "In un continente ricco come l’Europa non c’è bisogno di aumentare il consumo di proteine, c'è invece bisogno di diminuirlo. E c'è bisogno di consumare più cibi vegetali ricchi di fibra, carboidrati complessi e fitocomposti, che proteggono nei confronti delle principali malattie croniche del mondo occidentale. Un ricco tesoro di nutrienti che si trova solo nel regno vegetale.”
Alla sofferenza degli insetti purtroppo penseranno in pochi, ma per molti prevarrà il disgusto al pensiero di cibarsi di cibi che contengano questo ingrediente. Un cibo sostenibile, secondo la FAO, deve essere anche culturalmente accettabile&bnsp;e, se è vero che gli insetti sono considerati cibo in altri continenti, lo stesso non si può dire nelle nostre culture.
Oltre al danno per la salute di un aumentato consumo di proteine, esiste il rischio che la crescita degli insetti possa sfuggire al controllo degli allevatori, stravolgendo l’ambiente con incalcolabili quantità di grilli, con conseguenze difficili da prevedere ma che, se pensiamo ai danni provocati dalle cavallette in Australia, alimentano prospettive infauste. Inoltre, questi insetti necessitano di temperature elevate per vivere (intorno ai 30 °C); per molti Paesi europei che stanno investendo in questo prodotto, non è un punto di poco conto, considerando la crisi energetica che stiamo vivendo.
Quindi la presunta, tanto decantata, sostenibilità degli alimenti a base di insetti, non trova un chiaro e certo riscontro nella realtà dei fatti.
Aggiunge la dottoressa Luciana Baroni, medico e studiosa di nutrizione: "L’Unione Europea, così come ogni singolo governo europeo, ha già da diversi decenni sotto mano la soluzione più efficace e la via più breve per combattere il cambiamento climatico, ovviare alla crescente penuria di risorse e alla mancanza cronica di suolo per la produzione alimentare: puntare per i propri cittadini ad una dieta vegetale, con l’ulteriore vantaggio che un’alimentazione plant-based è culturalmente accettabile e realisticamente adottabile."
La transizione verso una dieta basata sui vegetali sarebbe inoltre di giovamento ai sistemi sanitari nazionali, che vedrebbero un sensibile alleggerimento della mole di lavoro a cui sono sottoposti nei paesi industrializzati, dove le conseguenze della cattiva alimentazione fanno impennare le patologie più gravi e letali.
Conclude la dottoressa Luciana Baroni: "Naturalmente, l'invito della nostra società scientifica è di evitare i prodotti che in futuro dovessero essere messi in commercio contenenti farina di insetti, una triste novità che, lungi dall’essere salutare e sostenibile, potrebbe piuttosto esporre a ulteriore rischio il già precario equilibrio del nostro Pianeta."
Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana - SSNV
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